Giovedi 2 dicembre presso il Circolo della stampa di Trieste si è tenuta la conferenza stampa di presentazione della Campagna contro la vivisezione “Il Diritto di Vivere”. La stessa, voluta e creata dalla Lega Nazionale per la Difesa del Cane vede due testimonial illustri come Margherita Hack e Roberto Marchesini, presenti oggi in sede di conferenza stampa insieme all'avv. Michele Pezone, Resp. Rapporti istituzionali della Lega del Cane.
Gli interventi dei relatori hanno sottolineato come la Direttiva 2010/63 sull’utilizzo degli animali per fini scientifici – approvata dal Parlamento - abbia purtroppo dimostrato quanto il predetto organo legislativo sia più sensibile agli interessi dell’industria farmaceutica che alla sensibilità dei cittadini sul tema della vivisezione. Il fatto di essere animali - dichiara di Margherita Hack Scienziata, Astrofisica - con il cervello più sviluppato e complesso non ci autorizza ad agire in maniera così crudele verso creature sensibili e per molti aspetti simili a noi. Spesso, infatti, vengono eseguiti esperimenti inutili, solo per aggiungere una pubblicazione al proprio curriculum: firmo contro questa grande inciviltà.
Nonostante nel testo si faccia riferimento alla limitazione dei test più dolorosi e all'utilizzo delle cavie solo nei casi necessari – sottolinea Laura Rossi Presidente della Lega Nazionale per la Difesa del Cane - destano sgomento le deroghe per esigenze scientifiche che prevedono l'utilizzo di animali in via d’estinzione catturati in natura, come scimpanzé e gorilla, e addirittura di animali randagi, come gatti e cani, nel caso non sia possibile raggiungere altrimenti lo “scopo della procedura”. La nuova Direttiva 2010/63 prevede anche la possibilità di utilizzare lo stesso animale per più esperimenti, di utilizzare anidrite carbonica per la soppressione delle cavie (procedura che provoca un’elevata e prolungata sofferenza), e la possibilità di effettuare anche toracotomie (aperture del torace) senza anestesia. E tutto questo mentre il Consiglio Nazionale delle Ricerche degli USA, annunciando la necessità di una svolta epocale nella tossicologia, insiste per trasferire le prove tossicologiche dall’animale ai metodi in vitro.
Gli interventi dei relatori hanno sottolineato come la Direttiva 2010/63 sull’utilizzo degli animali per fini scientifici – approvata dal Parlamento - abbia purtroppo dimostrato quanto il predetto organo legislativo sia più sensibile agli interessi dell’industria farmaceutica che alla sensibilità dei cittadini sul tema della vivisezione. Il fatto di essere animali - dichiara di Margherita Hack Scienziata, Astrofisica - con il cervello più sviluppato e complesso non ci autorizza ad agire in maniera così crudele verso creature sensibili e per molti aspetti simili a noi. Spesso, infatti, vengono eseguiti esperimenti inutili, solo per aggiungere una pubblicazione al proprio curriculum: firmo contro questa grande inciviltà.
Nonostante nel testo si faccia riferimento alla limitazione dei test più dolorosi e all'utilizzo delle cavie solo nei casi necessari – sottolinea Laura Rossi Presidente della Lega Nazionale per la Difesa del Cane - destano sgomento le deroghe per esigenze scientifiche che prevedono l'utilizzo di animali in via d’estinzione catturati in natura, come scimpanzé e gorilla, e addirittura di animali randagi, come gatti e cani, nel caso non sia possibile raggiungere altrimenti lo “scopo della procedura”. La nuova Direttiva 2010/63 prevede anche la possibilità di utilizzare lo stesso animale per più esperimenti, di utilizzare anidrite carbonica per la soppressione delle cavie (procedura che provoca un’elevata e prolungata sofferenza), e la possibilità di effettuare anche toracotomie (aperture del torace) senza anestesia. E tutto questo mentre il Consiglio Nazionale delle Ricerche degli USA, annunciando la necessità di una svolta epocale nella tossicologia, insiste per trasferire le prove tossicologiche dall’animale ai metodi in vitro.
La scienza in questi ultimi vent’anni – afferma Roberto Marchesini epistemologo e saggista, studioso di relazione uomo-animale - è progredita notevolmente nella conoscenza degli animali: le ricerche di etologia sul campo, di neurobiologia e le prassi di neural imaging ci consegnano un’immagine dell’animale che non ha più nulla dell’automa cartesiano mosso da istinti e condizionamenti. Oggi sappiamo che gli animali sono capaci di provare sentimenti, dolore, ricordi, di porsi degli obiettivi e di fare delle valutazioni, di avere consapevolezza dei loro pensieri e coscienza di se stessi. Questa nuova immagine dei soggetti di altre specie non può non chiamarci a una riflessione etica sulla legittimità del comportamento dell’uomo verso gli animali: in altre parole non abbiamo più il paravento cartesiano che ci metteva al riparo da qualunque limite alla condotta. Eppure le pratiche di sperimentazione sugli animali diventano sempre più invasive, come testimonia la direttiva approvata dal parlamento europeo. Si tratta di una schizofrenia che non riguarda solo l’animale come paziente morale ma noi uomini per primi: ci condanna a un’insufficienza grave come agenti morali.
La sperimentazione animale – sostiene Michele Pezone avvocato, scrittore, Responsabile Rapporti Istituzionali LNDC - è ritenuta ormai obsoleta, come dichiarato nel documento conclusivo del VII Congresso mondiale sulla sperimentazione animale. La Direttiva 2010/63 avrebbe potuto e dovuto favorire effettivamente il passaggio ai nuovi metodi di ricerca (REACH), anziché limitarsi ad astratte enunciazioni di principio e a richiedere agli Stati membri, se possibile, di garantire il ricorso a sistemi alternativi. Agiremo affinché, nell'iter di recepimento nazionale della Direttiva, vengano inserite disposizioni per favorire lo sviluppo concreto di metodi che non facciano uso di animali, limitando nei fatti il ricorso agli animali, per un futuro basato su una ricerca scientificamente corretta e libera dal vincolo arretrato del modello animale.
Spesso – continua Roberto Marchesini - si sente dire che coloro che avversano la sperimentazione animale vanno contro la ricerca scientifica e mettono a repentaglio l’acquisizione di scoperte fondamentali per la salute dell’uomo. In realtà è proprio la ricerca scientifica che negli ultimi dieci anni ha messo in discussione la fondatezza di questa pratica. Di fatto la vivisezione è una pratica obsoleta, molto approssimativa e forviante, facile da addomesticare agli interessi dell’industria farmaceutica. Puntare tutto verso le pratiche di sperimentazione animale risponde perciò più a logiche economiche che di ricerca. Insistere su questa prassi, che in fondo non è cambiata da millenni e che si basa su presupposti estremamente fragili (che la risposta sull’animale sia la stessa che sull’uomo), in realtà vuol dire mettere in ombra altri tipi di indagine, come le ricerche sulle culture cellulari, sulle nanotecnologie, sulla simulazione virtuale, sulle mappe epidemiologiche, sulle cellule staminali, molto più produttive e innovative.
In tale scenario - dice Piera Rosati dir. Uff. Comunicazione e Sviluppo LNDC - il progetto di comunicazione della Campagna contro la vivisezione “Il Diritto di Vivere”, ha la esplicita finalità di promuovere un vero e proprio cambiamento culturale, un processo collettivo di sensibilizzazione e responsabilizzazione, in cui ogni cittadino assume un ruolo attivo. Un progetto di grande importanza, principalmente per l’attenzione dedicata alla dimensione sociale ed umana del problema.
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