Le nutrie, animali sudamericani introdotti in Italia per essere allevati dall’industria della pellicceria, sono tra gli animali selvatici più sfortunati: fino agli anni ’80 del secolo scorso sono state massacrate per il loro manto, ora vengono additate quali responsabili del dissesto idrogeologico in ogni angolo del nostro Paese. Con la conseguenza che vengono uccise a migliaia: fucilate, annegate, avvelenate, bastonate, la fantasia umana non ha limiti quando deve accanirsi contro un capro espiatorio. Le amministrazioni locali le indicano quali responsabili dell’indebolimento degli argini dei fiumi. Le loro tane, si dice, mettono a rischio la solidità dei manufatti con conseguente aumento del pericolo di inondazioni. Eppure le evidenze scientifiche indicano, come nel caso dell’alluvione del Veneto del novembre scorso, che il problema sia da ricondurre ad eventi atmosferici di eccezionale entità, che hanno fortemente indebolito e a volte addirittura tracimato, le strutture arginali.
Nonostante tale evidenza, le nutrie continuano ad essere vittime di un massacro quotidiano e le inondazioni continuano puntualmente a ripetersi, testimoniando l’evidente inutilità dell’uccisione di migliaia di animali che, anche sul piano etico, dovrebbe far inorridire senza riserve. Fortunatamente per le nutrie, esistono ricercatori che ritengono vi sia la possibilità di utilizzare un metodo scientifico che consenta di contenere il loro numero, svincolandosi dal sanguinario, quanto inutile, approccio venatorio.Sono stati presentati lo scorso 3 dicembre, presso il Museo di Storia Naturale di Milano, i primi risultati del metodo di contenimento delle nutrie tramite sterilizzazione.
"Il nostro progetto - afferma il biologo dott. Samuele Venturini - si basa su un contenimento `naturale´, dove individui riproduttori sterilizzati, continuando a difendere il territorio in competizione per il cibo e glispazi con gli individui fertili, impediscano fenomeni di immigrazione e riducano il tasso riproduttivo della colonia. Questo è un sistema indolore, rispettoso della vita e sicuramente più gradito dell´uccisione cruenta, che risulta impopolare presso il pubblico più sensibile. Da un anno circa stiamo sperimentando la sterilizzazione nell´area urbana e suburbana del comune di Buccinasco (Milano). E i risultati positivi ci spingono a proseguire per questa strada che ci auguriamo di continuare a percorrere sempre con il supporto di Regione Lombardia."
La LAV plaude alle istituzioni e ai soggetti privati che hanno voluto scommettere su un metodo incruento del tutto innovativo per gli animali che vivono in natura. La sterilizzazione è l’approccio che ha consentito di risolvere in gran parte del nostro Paese il problema del randagismo canino, non vi è quindi motivo per credere che analoga efficacia non possa essere riprodotta anche nell’ambiente selvatico.
“Il progetto che viene sperimentato in Lombardia apre una fase di grande ottimismo per il futuro delle nutrie – sottolinea Massimo Vitturi, responsabile del settore caccia e fauna selvatica della LAV – e dimostra che, per quanto riguarda il controllo delle popolazioni di animali selvatici, esiste sempre la possibilità di evitare ‘soluzioni finali’ di dubbia efficacia.”
Non è necessario ricorrere allo sterminio, oramai la scienza è in grado di fornire strumenti enormemente più efficaci che possono finalmente mandare in soffitta l’approccio venatorio fino ad oggi proposto come soluzione da amministrazioni locali poco sensibili agli inutili quanto discutibili massacri di animali selvatici.
Fonte: Ufficio stampa LAV
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