Scrivo queste poche righe nella serata del 30 marzo 2020. Le
ultime notizie apprese dai mezzi d’informazione cominciano ad essere
incoraggianti, anche se rimane ancora altissimo il numero dei contagiati e dei
morti da covid-19.
Sui social, da diversi giorni, vengono condivisi articoli che
spiegano come quest’ultimo tipo di coronavirus, così come l’Aids, la Sars,
l’Ebola, l’influenza aviaria e quasi tutte le recenti pandemie, sia sempre
derivato dallo sfruttamento animale unito alla deforestazione, che riduce gli
habitat naturali per gli animali e favorisce lo spillover, cioè il salto di
specie da parte del virus stesso, che finisce così per essere una sorta di
risposta della natura alle aggressioni poste in essere dall’uomo. Ce n’è
abbastanza per sentirsi dentro un film di fantascienza, solo che è tutto
maledettamente reale.
Giustamente le attenzioni sono concentrate su quanto sta
accadendo negli ospedali, sul lavoro eroico dei medici e del personale
sanitario e sulle difficoltà derivanti dalle rigorose misure di contenimento
del virus. In questi giorni tutti sono messi a dura prova, anche le
associazioni di protezione animale, che si sono trovate persino a dover
intensificare la loro attività. La LNDC, già nei primi giorni di emergenza, ha
dovuto riorganizzare il lavoro dei propri volontari in tutta Italia. Le
pratiche di adozione dei cani sono sospese, ma l’attività di cura e gestione
degli animali nei canili e nelle oasi feline continua, ed è giustificata non
solo da motivi di necessità, ma anche di salute, come chiarito da un’apposita
circolare della Direzione Sanità Animale del Ministero della Salute. In una
recente riunione (ovviamente nelle forme della conference call) con gli altri
membri dell’Eurogroup for Animals, abbiamo avuto la conferma che l’Italia è
stata la prima ad avere emanato disposizioni specifiche sulla cura degli
animali in questa emergenza. Siamo stati contattati dalla Protezione Civile e
messo a disposizione i nostri volontari per le attività di recupero, con le dovute
precauzioni, degli animali dalle abitazioni di persone colpite da coronavirus e
sottoposte a quarantena o ricoverate in ospedale. Abbiamo attivato una mail
dedicata per rispondere alle tante domande che ci vengono poste dai cittadini
che hanno animali in casa e non sanno bene come doversi comportare. Ma queste
sono solo le prime cose di cui ci siamo dovuti occupare. Non sappiamo come
evolverà la situazione nelle prossime settimane, e possiamo solo sperare che tutto
finisca presto altrimenti ci sarà un colpo durissimo per tutti, compresi i
tanti animali chiusi nei canili e in attesa di una adozione, che finiranno per
essere travolti da una crisi senza precedenti.
Oltre a questa speranza, ne abbiamo un’altra: che questa
prova porti con sé anche l’occasione di cambiare radicalmente alcune nostre
abitudini che, come sentiamo ripetere ormai da decenni, incidono negativamente
sul pianeta, e che ci sia una spinta per la messa al bando degli allevamenti
intensivi e di altri luoghi dell’orrore, dove potrebbero annidarsi i prossimi
focolai di agenti patogeni. Tra le tante frasi lette sui social, ce n’é una che
pare adattarsi a questa situazione, anche se era stata scritta su un palazzo di
Santiago del Cile in occasione della rivolta dell’ottobre scorso: “Non torneremo
alla normalità, perché la normalità era il problema”. Ecco, la speranza è che
questo momento terribile apra la strada ad un nuovo modo di intendere la
“normalità”, un nuovo modo di stare in pace con il mondo.
(pubblicato sul blog della LNDC "Una Zampa sul cuore")
(pubblicato sul blog della LNDC "Una Zampa sul cuore")
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